Zendaya


di Redazione Online_

Zendaya è una delle figure più influenti a livello mondiale, sia nel mondo dell’intrattenimento che in quello della moda. Attrice, cantante, modella e attivista, questa giovane donna ha dimostrato di avere un talento eccezionale e una personalità magnetica che la rendono una delle personalità più ammirate e seguite al mondo.

Nata a Oakland, in California, nel 1996, Zendaya Maree Stoermer Coleman ha iniziato la sua carriera all’età di soli 8 anni come modella per Macy’s, prima di approdare alla televisione nel 2010 con un ruolo nella serie Disney “Shake It Up”. Da allora, Zendaya ha continuato a conquistare il pubblico con la sua bellezza, la sua versatilità e il suo impegno sociale.

Una delle caratteristiche distintive di Zendaya è la sua capacità di affrontare temi sociali importanti attraverso la sua arte e la sua attivismo. Ha sempre utilizzato la sua piattaforma per parlare di questioni importanti come il razzismo, la disuguaglianza di genere, la rappresentazione dei neri nell’industria dell’intrattenimento e molto altro. Inoltre, è un’attivista del movimento Black Lives Matter, e si è impegnata per sostenere la comunità LGBTQ+ e altre minoranze.

Oltre al suo attivismo, Zendaya ha dimostrato di essere una talentuosa attrice, vincendo il premio Emmy per la sua interpretazione nella serie “Euphoria” del 2019. Ha anche recitato in film come “Spider-Man: Homecoming” e “The Greatest Showman”, dimostrando la sua versatilità come attrice.

Ma Zendaya non è solo una talentuosa attrice. Ha anche conquistato il mondo della moda con il suo stile unico e audace. È stata scelta come testimonial di molte campagne pubblicitarie, come quella di Lancôme e Valentino, ed è stata invitata a sfilare sulle passerelle di marchi prestigiosi come Tommy Hilfiger e Marc Jacobs.

Inoltre, Zendaya ha dimostrato di essere un’icona di stile, con un guardaroba che spazia dal casual al glamour, e che ispira molte donne in tutto il mondo. Ha lanciato anche la sua linea di abbigliamento, chiamata Daya by Zendaya, che mira a offrire una moda accessibile e inclusiva per tutte le donne.

In sintesi, Zendaya è una figura influente a livello mondiale grazie alla sua arte, al suo attivismo e al suo stile. Ha dimostrato di essere un’artista poliedrica, capace di affrontare temi importanti attraverso la sua arte e di ispirare molte persone in tutto il mondo. Con la sua forza e la sua determinazione, ha conquistato il cuore di molte persone, e ha dimostrato di essere una fonte di ispirazione per molte giovani donne in tutto il mondo.




#PRENDIPOSIZIONE



di Redazione Online

Amleta è un’associazione di promozione sociale il cui scopo è contrastare la disparità e la violenza di genere nel mondo dello spettacolo.

È stata fondata da 28 attrici distribuite su tutto il territorio nazionale.

Amleta è un collettivo femminista intersezionale che punta i riflettori sulla presenza femminile nel mondo dello spettacolo, sulla rappresentazione della donna nella drammaturgia classica e contemporanea ed è un osservatorio vigile e costante per combattere violenza e molestie nei luoghi di lavoro.

Discriminazioni, stereotipi, sessismo, abusi, gender gap, gender pay gap, gestione dei fondi pubblici: questo è il problema!

Amleta è nata per raccogliere dati e monitorare le differenze di trattamento tra donne e uomini nel mondo dello spettacolo, per chiedere spazi in cui le donne possano esprimere i loro talenti ed esercitare la loro intelligenza.

Amleta è nata tutte le volte che sopra un molestatore o un abusante è stata messa la vernice glitterata dell’artista genio a cui tutto è concesso.

Amleta è nata da tanto tempo e in tanti luoghi.

A questo link il manifesto della associazione, che noi di FUORI invitiamo a sostenere divulgando e soprattuto esercitando quotidianamente, nella vita e nel lavoro, i principi fondanti dell’Organizzazione.





Assuefazione.


di Andrea De Leo

L’uomo, inteso come essere umano, ha la capacità di adattarsi al mondo circostante. Ciò gli ha permesso, come specie, di sopravvivere e di arrivare a governare il pianeta.

Questa prerogativa –  di fronte a fenomeni straordinari, siano essi eventi naturali, catastrofi, o crisi sanitarie come quella recente –  rischia però di ritorcerglisi contro.

La sovraesposizione mediatica di questi eventi, e in questo assume una importanza fondamentale il modo in cui questi vengono presentati, potrebbe comportare una forma di assuefazione e di confusione tra la realtà e la finzione.

Mi è capitato di ascoltare, mentre vedevo in tv le scene degli afghani che camminavano nella neve con le ciabatte o addirittura scalzi, dei commenti divertiti di alcune persone che erano vicine a me.

La scena, indubbiamente, non aveva nulla di divertente, e credo che nessuna persona dotata di un minimo di capacità intellettiva, non avrebbe dubbi a definirla “terribilmente drammatica”.

Ho recentemente letto un articolo nel quale un noto psicologo si interrogava sulla ineluttabile perdita di empatia che molte persone hanno verso le tragedie di altri esseri umani.

“Assuefazione”, è la risposta che si è dato.

L’esposizione senza filtri, sia da parte dei media che dei social, di eventi drammatici che diventano ogni giorno più frequenti e la sensazione errata che questi colpiscano solo altrove, rende le persone incapaci di provare quella empatia che si dovrebbe sempre avere quando si vede qualcun altro soffrire.

Se ci fate caso, quando passano nel feed del vostro smartphone le pubblicità umanitarie che mostrano scene oggettivamente devastanti –  ad esempio bambini affamati o con ferite di guerra –  immagini sapientemente usate per stimolare il coinvolgimento emotivo al fine di ricevere donazioni – inizialmente, di fronte a questi video si assume una presa di distanza che è dovuta a sensi di colpa; ma poi con il tempo subentra una forma di indifferenza, direi una forma di generico cinismo, e si passa velocemente oltre.

Affaticamento emotivo di fronte alla sofferenza altrui?

«Le persone vanno semplicemente in una sorta di burn-out» affermava lo psicologo nell’articolo.

Una forma di superamento del limite oltre il quale una persona è andata oltre le sue possibilità di “empatizzare” con altri esseri umani.

Come ogni altra forma di eccesso, che causa una sorta di rifiuto del prodotto di cui si è abusato, l’esposizione alla sofferenza altrui può superare un limite oltre il quale ci si rifiuta di andare, di guardare o di sentire, e quindi si diventa totalmente indifferenti.

E se questa capacità di andare oltre si radicalizza nell’essere umano, ormai sovraesposto da troppe informazioni, l’empatia verrà sovrastata da una forma di apatia emotiva che renderà le persone non più coinvolte ed interessate ad essere solidali ed aiutare chi viene travolto da tragedie e disastri o , ancora peggio , verso persone o popolazioni che si trovano in condizioni di cronica sofferenza e che sono esposte a fenomeni di lunga durata, come il ripetersi di eventi naturali catastrofici o una lunga pandemia.

Se l’essere umano giunge al punto di accettare acriticamente e apaticamente tutte le tragedie che colpiscono i suoi simili, ritenendo erroneamente che queste capitino solamente agli altri, mostrandosi dunque indifferente ed  ignorando così tutte le contraddizioni della sua morale, allora la sua debolezza intellettuale non sarà più una eccezione, bensì una misera e condannabile  normalità.


Andrea De Leo



Solo gli amanti sopravvivono.

“Solo gli amanti sorpravvivono”_ immagine tratta dal film di Kim Jarmusch

La [non] recensione di Cristiana Caserta_

Le tre grandi crisi degli anni duemila – terrorismo, crisi finanziaria, pandemia – hanno indotto un generale ripiegamento sui bisogni elementari: fisiologici, di sicurezza, di appartenenza. E hanno ulteriormente appiattito l’orizzonte ad un presente infinito, al quale costringiamo i nostri corpi negando loro l’invecchiamento e le nostre anime consumando e scartando come mode anche le idee.

Se ‘vita’ è bellezza, conoscenza, verità, pienezza ecco che siamo – senza saperlo – ‘morti’. Zombie. Esseri distruttori e autodistruttori. Un modo diverso di riflettere sull’autodistruzione e sulla salvezza – se non avete gradito Don’t look up, o anche se lo avete gradito – è quello di Jim Jarmusch. Il film è di diversi anni fa, ma è quanto mai attuale: Solo gli amanti sopravvivono. (Only Lovers Left Alive, 2013)

Gli amanti sono Adam ed Eve, a cui prestano volti e corpi – bellissimi, senza tempo, sensuali – Tilda Swinton e Tom Hiddleston. Lei vive a Tangeri, fra i libri e l’arte. Lui a Detroit, fra le chitarre e la musica. Hanno vissuto per molti secoli, conosciuto pittori e poeti, musicisti e scienziati. Sono vampiri. E si amano. Di un amore senza storia. Si amano di un amore delicato e profondo: lei luminosa, quasi abbagliante, e pronta a cogliere la bellezza – anche in un mondo che l’ha perduta – lui più inquieto e cupo ed esitante sul vivere o morire. 

Parlano, si amano, ballano, si baciano come se ogni bacio, ogni danza, ogni parola fosse fuori dal tempo, assoluta, prima e ultima, come forse è stata all’inizio dei tempi, prima dell’umanità. Le stelle, la poesia, il destino delle città, i silenzi riempiono le loro conversazioni e la freschezza della sera in cui essi necessariamente vivono si riverbera sui loro sentimenti e sui loro sguardi e li colma di bellezza e malinconia, pur sullo sfondo di una Detroit deserta e dozzinale, brutta e logora.

Sono vampiri che hanno imparato a resistere al richiamo brutale e primitivo del sangue cercato con la violenza: si nutrono di sangue ‘pulito’ che dottori e ricercatori lautamente ricompensati producono per loro. Con parsimonia e moderazione. E con rispetto per la vita degli zombie, che invece così miserevolmente la sprecano. 

Ed ecco che tocca ai vampiri ricordarci che cosa è propriamente ‘vivere’: prendersi cura l’uno dell’altra con rispetto e gentilezza, regalarsi, nutrire di amore e comprensione profonda ogni piccolo gesto, comunicare in tutti i modi possibili, col tatto, con la musica – che accompagna ogni momento del film – con il corpo, con la parola. 

Lunare, notturno, poetico. È il mondo che gli amanti – solo gli amanti – possono ritagliare per sé nell’inconsistenza rumorosa e arrogante della post-modernità, mortifera e distruttrice. Scampoli di una natura sfregiata lo popolano insieme ai resti del passato – fotografie, oggetti, abiti, storie e ricordi – come relitti dopo un naufragio: levigati dal tempo e addolciti dal tocco lieve e stupito di Eve, che ‘nomina’ e riconosce con gratitudine ogni essere vivente che incontra, fosse un fungo o una puzzola. E conservati con cura ansiosa da Adam.

Ma anche i vampiri devono ad un certo punto scegliere fra sopravvivenza e vita: costretti a scappare per la sventatezza della avida e incontrollabile sorella di lei, Ava, i due amanti restano privi di nutrimento e scoprono anch’essi la fame e la sete da cui si erano tenuti lontano. 

L’amore per il genere umano, per la musica, per la bellezza, domina il finale in cui il vecchio archetipo del vampiro viene piegato ad un significato del tutto inedito, di positività e fiducia.


Cristiana Caserta_

LinkedIn Top Voice 2020; 

Scrivo, studio, insegno materie con le tecnologie, sono pratica di formazione, giornalista free lance, multipotenziale.