La radice di ogni salute è nel tuo cuore.


“La Suprema Condotta è l’Assenza di Sforzo”Tilopa

di Francesca Borromeo

Sembra banale dirlo ma è vero: migliorare la nostra vita, dunque vivere meglio, nasce sempre ed esclusivamente da una nostra decisione. E questo a prescindere dal contesto ambientale e sociale in cui ci si trova. Quindi si tratta esclusivamente di prendere una decisione ed essere coerenti nel metterla in pratica. Il problema è che spesso non sappiamo bene quale decisione dobbiamo prendere.

Naturalmente non esiste una risposta unica e risolutiva a questa domanda, ma penso che esistano diversi modi di approccio, che questi siano alla portata di tutti, e che dunque noi tutti siamo in grado di migliorare la qualità della nostra vita.

Non ce ne accorgiamo, ma durante la nostra quotidianità svolgiamo la maggior parte delle nostre attività in modalità “automatica”. Si chiamano abitudini e sono trappole potentissime. Possiamo invece sostituire tutte le abitudini (sia quelle che riteniamo “buone” che quelle che riteniamo “cattive”) con azioni consapevoli.

Per fare questi piccoli cambiamenti, però, è necessario prendere una decisione.

Le parole disciplina e autodisciplina hanno assunto ormai una accezione negativa e si associano a questi termini sensazioni negative, ad una rinuncia, alla fatica, ma io penso che non sia così.

Proviamo a sostituire la parola DISCIPLINA con la parola CONSAPEVOLEZZA e riusciremo a trasformare le abitudini in azioni, lasciamoci stupire ogni volta che le pratichiamo, facciamole con attenzione con consapevolezza e soprattutto appassioniamoci, stupiamoci. Abbandoniamo l’illusione del controllo. Cosi vivremo una vita senza sforzo.

Rifugiarci nelle nostre abitudini ci da una piacevole (effimera e brevissima) sensazione di sicurezza, ma come un muscolo sempre immobile si atrofizza, così la nostra mente, senza nuovi stimoli, lentamente si spegne. Oggi si dice spesso “uscire dalla propria zona di comfort”. A me non piace molto questo modo di dire, molto abusato, e io credo fermamente che un modo ottimo per migliorare la propria vita, sia quello di prendersi dei rischi, che spesso sono solo frutto della nostra mente, ma che ci permettono di mettere la testa fuori dal recinto che ci siamo (in)consapevolmente costruiti, e comprendere che la ricerca di una sicurezza (illusoria, come tutte le cose), è in realtà una trappola pericolosa.

Ad esempio, possiamo studiare una nuova lingua, che non sia necessariamente tra quelle più usate. Perché dico questo? prima di tutto perché ti permette di tenere in allenamento la tua mente. Se studi ad esempio il cinese, che è una lingua matematica, oltre ad avere stimoli nuovi dovendo affrontare qualcosa di davvero differente, il tuo cervello ti ringrazierà. Ma questo vale in generale per qualsiasi altra lingua. Poi, ti permette di instaurare nuove relazioni, conoscere luoghi e persone nuove, e non sentirti del tutto fuori dal contesto, aprendo sicuramente nuove opportunità di lavoro o studio.

Ama incondizionatamente gli animali. Gli animali hanno la tendenza ad “educarci”, a far emergere i migliori lati della nostra natura. La semplice pratica di accarezzare un cane, ad esempio, tende a darci sollievo, a ricollegarci al nostro corpo e a calmare le nostre menti inquiete. E quando accarezziamo il cane di un’altra persona, o questa accarezza il nostro, solitamente creiamo un contatto, una comunità. 

Pratichiamo Yoga. Gli effetti di questa pratica sono innumerevoli, sia sull’aspetto fisico, sia su quello mentale. Le posizioni allineano corpo e spirito, grazie al lavoro di respirazione, e permettono di prendere consapevolezza di sé e quindi un migliore autocontrollo del proprio stato emotivo. Praticandolo regolarmente, ti sentirai in maggiore sintonia con Te stesso. 

Respira, medita. Chi pratica regolarmente la meditazione di certo già ne conosce i molteplici benefici. La meditazione aiuta a ridurre i livelli di stress, rafforza la salute mentale, offre sollievo ai dolori cronici, migliora la qualità del sonno, dona serenità, consente di acquisire una maggiore consapevolezza. Ad un livello più profondo, la meditazione è una porta verso le nostre radici, il nostro essere più intimo e profondo.

Scrivi. Ho sempre creduto che saper scrivere sia un potere enorme. Poter leggere i propri pensieri, è una forma di controllo della nostra mente che offre enormi potenziali che se sfruttati in modo costruttivo, aumentano la qualità della nostra vita. Un pensiero scritto e più potente di un pensiero che sfuma nel momento stesso in cui prende forma. Tenere una sorta di diario, nel quale appuntare una serie di pensieri, ragionamenti, programmi, da consistenza al tempo che gli hai dedicato.

Impara ad ascoltare. Questa è una enorme opportunità di crescita, spesso sottovalutata, perché saper ascoltare ti permette di imparare attraverso le esperienze degli altri. Condividere quello che fai e ciò che sei ci aiuta ad essere migliori e migliorare il mondo in cui viviamo.

Infine, goditi i momenti. Quando è stata l’ultima volta che ti sei davvero goduto un momento, il sole caldo sul viso, un paesaggio, un libro, della musica o un podcast? Se riesci a riempire questi momenti, e prenderne consapevolezza, diventeranno parte del tuo bagaglio di esperienze, e contribuiranno alla qualità della tua vita.


Francesca Borromeo

Imprenditrice solidale, pratica Yoga e meditazione da diversi anni. Attrice di Teatro, Camminatrice, Sognatrice.




Comfort Zone [uscirne o allargarla?]

Sophie Jodoin_Close your eyes | Richmond Art Gallery | Richmond,BC,Canada.

di Christian Lezzi_

Uscire dalla comfort zone, saltarne fuori d’impulso, d’imperio, come se non ci fosse un domani, come se nemmeno ieri avesse più un posto nella memoria. Schizzare via dalla situazione attuale, per fiondarsi nella nuova situazione, nella nuova dimensione, rompendo le abitudini, le consuetudini, le comodità, appunto. 

Fallo e basta, è l’essenza del tormentone, della presunta necessità di lanciarsi a piè pari nella nuova avventura, nella prossima competenza, nella mansione in divenire, come un paracadutista che, in un solo istantaneo gesto atletico, abbandona la tranquillità del velivolo, per approcciare una nuova incerta dimensione fatta di libertà, planando sospesi nel vento, cullati dalle correnti ascensionali.

Quante volte abbiamo sentito dire queste frasi? Quante altre volte ci è stato inculcato questo concetto, questa immediatezza, quasi un’urgenza che non prevede transizioni, passaggi intermedi, curve di apprendimento e tabelle di marcia?

Nel mondo del business (o comunque dell’evoluzione personale e delle proprie competenze) questo è un concetto travisato, estrapolato dal contesto logico ed erroneamente applicato, spesso allo scopo unico di creare l’ennesima formuletta magica, tipica di molti (pessimi) corsi e percorsi di crescita personale. Uno stereotipo formativo atto solo a far ricadere la totale responsabilità su noi stessi, attribuendo all’azione spontanea e istantanea, l’illusione del risultato.

Come se la programmazione e il ragionamento, fossero definitivamente démodé.

Ma la realtà si compone di una diversa natura e, per ogni abilità dello scibile umano, fatte salve le funzioni fisiologiche delegate al subconscio, è necessario un percorso, un adeguamento, una scaletta crescente di difficoltà e di elementi da apprendere. Come i bambini che imparano a parlare, a camminare, a giocare, modellando gli altri, questo percorso è necessario e imprescindibile in ogni campo, anche a scuola, nello sport, nell’arte, in qualsiasi altro ambito dell’umano scibile che possa venirci in mente. Uscire di colpo dalla zona di comfort, può solo (nella stragrande maggioranza dei casi) sortire un effetto depressivo, un’ancora negativa legata alla cattiva esperienza, una frustrazione che, di fatto, può inibire il percorso futuro e il desiderato raggiungimento dell’obiettivo. 

E può portare al disastro, se quel salto comporta conseguenze dannose che, presi dalla foga del fare, non avevamo preso in considerazione.

Perché la questione non riguarda l’abbandono o meno del metaforico tepore della comodità. Questo è un concetto imprescindibile, necessario alla crescita e all’evoluzione umana. La questione è semmai da collocare nella gradualità, nella tempistica dell’azione, nella sequenza di passi da compiere e di cose da imparare, prima di fare quel salto nel buio. 

Perché occorre essere preparati, anche per improvvisare.

Diversamente, non esisterebbero percorsi articolati a difficoltà crescente, per giungere al tanto agognato titolo di studio. Non si passerebbero dieci anni chini sulla tastiera di un pianoforte, per diventarne maestro, non ci sarebbero interminabili allenamenti per giungere alla condizione atletica desiderata e necessaria al raggiungimento di una maestria superiore. Esisterebbe solo un salto nel vuoto, fatto d’improvvisazione avventata e di forza di volontà, ma privo di ragionamento, di programmazione e di quella razionalità capace di gestire l’irrazionale emotività.

Uscire dall’inerzia, dall’apatia dettata dall’immobilismo e dalla mancata azione, questo significa uscire dalla zona di comfort. E se si tratta di un’attività che già sappiamo svolgere, come ad esempio tuffarci nell’acqua gelida, allora si, senza ragionarci troppo, trarremo un bel respiro e ci immergeremo per poi arrivare, nuotata dopo nuotata, a padroneggiare la nostra acquaticità. Ma uscire dalla zona di comfort è qualcosa di più importante e complesso dell’atto meccanico che rende azione un istinto, del fare ciò che già è alla nostra portata ma che comporta uno stress, un atto di volontà, quasi di fede, per portarlo a termine. 

Uscire dalla metaforica comodità è soprattutto imparare, ogni giorno, qualcosa di nuovo, mettendoci alla prova e aggiungendo, ad ogni momento, l’ipotetica medaglia della nuova competenza acquisita.

Ma facendolo per gradi, seguendo un percorso logico, che ci motivi grazie ai piccoli traguardi raggiunti. Si esce dalla propria comfort zone, per piccoli passi, non fuggendo a perdifiato, come da un pericolo mortale, senza valutare cosa c’è oltre l’ipotetico confine.

Non si mangia un cocomero da otto kili in un unico grande morso. Non si diventa campioni solo con la volontà. Non ci si laurea esclusivamente con il desiderio. Nemmeno con il grande “Perché“, se nel tempo non si è acquisito un “Come” altrettanto solido e grande. E nemmeno si avvia un business senza le condizioni minime e necessarie a tenerlo in vita, proprio come non si mette in acqua un’imbarcazione, se la profondità dello specchio d’acqua non è sufficiente a sostenerla e a ospitarne il pescaggio.

La vita è fatta di procedure, di verifiche, di tappe da raggiungere, di obiettivi che, da linea di traguardo, possano diventare un nuovo inizio, una nuova linea di partenza verso un obiettivo più alto, più complesso, più difficile e appagante da raggiungere. E di condizioni a margine, minime e necessarie, per raggiungere quel nuovo step fino alla meta.

Chi guida, sa bene che ha dovuto seguire delle tappe obbligate e imprescindibili, per imparare a farlo. Ma se invece della piccola macchinina da autoscuola, fosse stato messo a guidare una Porsche Gt2, fin dalla prima esperienza, fin dalla prima prova di guida, cosa sarebbe accaduto? Probabilmente i tempi d’apprendimento si sarebbero allungati a dismisura, data la difficoltà di guidare una vettura sportiva (per un principiante, almeno) facendo scaturire, nell’apprendista, un’importante dose di frustrazione, fino al probabile abbandono del progetto o dell’obiettivo. Fino a diventare incapacità appresa.

Il mondo del business è un po’ più complesso di quanto descritto da tanti aspiranti startupper e imprenditori (ma solo sulla carta), o dai tantissimi “guru” che impestano i social con le loro frasette estrapolate dal contesto, stiracchiate in un nuovo presunto significato, rubate al filosofo antico e attribuite (per dar loro maggiore peso e valenza nel contesto) all’imprenditore di successo moderno.

Uscire da quella palude comportamentale, non è come varcare un banale segno di gesso, ma significa rivedere e correggere il proprio assetto mentale, per diventare ogni giorno qualcosa (o qualcuno) di nuovo, di migliore, di vincente. Ciò che si è sempre sognato essere. E lo si fa, necessariamente, per gradi, con i giusti passi e con i corretti tempi, fino ad allargare la nostra zona di comfort, invece di abbandonarla, rendendo comodo ciò che tale non era, in attesa della sfida successiva.

Non basta la volontà di uscire da quell’area di comodità, per diventare persone migliori. Abbiamo bisogno anche di una bussola e di un orologio. E di saperli usare, senza che sia una forzatura, bensì un percorso fluido e appagante verso il livello superiore. 

Altrimenti, lo stereotipato concetto, forzato all’estrema conseguenza, a ogni costo, in ogni condizione, rimarrà sempre e solo un cumulo di sciocchezze. Sontuose, inascoltabili e pericolose sciocchezze!


Christian Lezzi, classe 1972, laureato in ingegneria e in psicologia, è da sempre innamorato del pensiero pensato, del ragionamento critico e del confronto interpersonale. 
Cultore delle diversità, ricerca e analizza, instancabilmente, i più disparati punti di vista alla base del comportamento umano.

Atavico antagonista della falsa crescita personale, iconoclasta della mediocrità, eretico dissacratore degli stereotipi e dell’opinione comune superficiale.
Imprenditore, Autore e Business Coach, nei suoi scritti racconta i fatti della vita, da un punto di vista inedito e mai ortodosso.