Il cielo è sempre più blu
Intervista a “Rob”, Roberto Paolo Pirani
Ci siamo conosciuti su Linkedin. Complice la nostra comune passione per Boris (se non lo conoscete, peggio per voi. Noi addicted stiamo aspettando la reunion).
Poi ci siamo messi a chiacchierare di cose più serie. E ho scoperto che “Rob”, Roberto Paolo Pirani, è un Fighter della sostenibilità. Un drago delle soluzioni tagliate su misura per le smart cities. Un super eroe dell’anti-spreco più ancora che del riciclo. Un portatore sano di economia circolare.
Così ho deciso di intervistarlo (previa telefonata di un’ora e tre quarti).
Primo perché dice cose buone e giuste. Poi perché le fa e, infine, perché così, magari, vi evito qualche “post matrioska”, di quelli che scrive lui: un post nel post nel post. Personalmente non sono mai arrivata all’ultima bambolina.
Cominciamo in leggerezza… che mi dici di Boris? Perché ti piace tanto?
Boris è l’Italia. Quella vera. Chi ha scritto Boris ha previsto praticamente tutto. Il monologo della Locura ci ricorda da più di 10 anni che “serve qualche cazzo di futuro…” e che gli equilibri politici possono dipendere (per dire) da un Senatore.
Al Regista René Ferretti viene fatto notare dal delegato di rete: “sai anche girare… ma ti manca la protezione politica”.
“E dai dai dai (pure a cazzo di cane se occorre), che si porta a casa la giornata!”. Risponde Ferretti. Anche se molte scene che gira sono povere e mono espressive, perché gli sceneggiatori non hanno voglia di lavorare e gli attori sono dei cani.
Boris è una critica mirata ai compromessi che impediscono di fare le cose come andrebbero fatte in Italia, ma facendo sorridere e, di conseguenza, pensare.
Nel 2009-2010 abitavo in una specie di residence, e un mio vicino che di mestiere sonorizzava cartoni animati è arrivato con una pen drive con le prime due serie complete. “Le DEVI vedere” mi fa. “Fidati”. (Nota: Ciao Sean, e grazie ancora!).
Credo che a molti della piccola massoneria di seguaci di Boris sia accaduto questo strano passaparola. Con ogni probabilità è la cosa migliore mai passata in televisione in Italia, insieme ai Mondiali di Spagna 1982. Ho rottamato il televisore nel 2009 e con queste affermazioni (intendiamoci) non voglio offendere nessuno, ma solo ribadire che chi ha scritto Boris è un Genio. Come Corrado Guzzanti che, non a caso, è parte della banda.
Veniamo a noi/te/. Quand’è nato il Rob paladino della sostenibilità?
Non so di preciso da cosa dipenda, ma da che ho memoria sono sempre stato così. Si può parlare di inclinazione, credo. A 9 anni mi guardavo attorno e mi chiedevo perché Natale dovesse essere così consumista. Detesto gli sprechi. Il me bambino novenne non capiva perché gli altri non notassero una così palese mancanza di razionalità. Poi negli ultimi 30 anni “ambientalista” è stata considerata una parolaccia. Meglio che essere un esponente del Petrolitico, secondo me.
Nel mio piccolo, poche idee in compenso fisse, sono di parte. Parte minoritaria quanto si vuole, almeno in Italia. In altri Paesi UE pare proprio che non sia così.
L’unica volta in vita mia che mi sono sentito in maggioranza è stato quando abbiamo vinto i referendum 2011; è durata pochi giorni, poi abbiamo subito realizzato che al Parlamento (regolarmente eletto, per carità), della volontà popolare, non importa una beata mazza.
In ogni caso, dal momento che in Italia il Club di Roma non è stato preso sul serio per tempo, è troppo tardi per lamentarsi. Ognuno si impegni in qualcosa, o siamo fritti (cit Boris: “non è ironico”).
Mi dicevi che sei stato un attivista di Greenpeace. Raccontaci la “mission impossible” più spettacolare/eclatante a cui hai partecipato, dai!…Quella di cui vai più fiero.
Credo che nascere a Ravenna abbia contribuito alla mia formazione, anche per reazione ad uno status quo molto “business as usual”.
Ho deciso di aderire spontaneamente a qualche azione: legname insanguinato dalla Liberia, soia OGM… tutta roba che non doveva arrivare in Italia perché illegale, ma che arrivava lo stesso al Porto di Ravenna. Ho dato un piccolo contributo “attivo” tra il 2000 e il 2008. Poi c’è una età per tutte le cose…
Comunque colgo l’occasione per precisare che da quelle vicende sono stato assolto! Secondo gli Inquirenti fu (solo) “Esercizio arbitrario delle proprie ragioni”.
Durante l’azione più eclatante non sono servito (perché non facevo il climber). Il blocco della centrale di Porto Tolle, nel 2006, non fece notizia sui giornali italiani, ma all’estero sì. Per chi volesse…
In “discussione” era il “carbone pulito” della centrale (c’è un mucchio di gente che dovrebbe chiedere scusa, e magari, ritirarsi a vita privata. E invece fa come se niente fosse accaduto).
L’azione diretta non violenta è sempre stata meglio del pessimismo del pensiero. E conservo un bel ricordo di chi, al Porto di Ravenna, ci definiva “prepotenti gentili”. Di fatto ammettendo che avevamo ragione su diritti umani, commercio illegale, taglio a raso di foreste primarie, eccetera. Cosette su cui oggila EU intera, con un ritardo di decenni, è costretta ad interrogarsi per salvare il salvabile.
Come mai ti sei trasferito da Ravenna a Bassano Romano? Una scelta green anche questa o altro?
Ci sono diversi motivi. Anche per fare quello che volevo fare, a Ravenna sarei stato limitato. Dopo un anno su e giù dal Lazio quasi tutti i fine settimana, o si trasferiva la mia compagna o mi trasferivo io. Ecco, tutto qui. Sta di fatto che il mio socio, Paolo Garelli (che è siciliano di origine), l’ho conosciuto a Roma grazie ad amici comuni. È uno di quei non-casi che, col senno di poi, ti fa capire che hai fatto la scelta giusta.
Dopo aver cambiato alcuni Comuni sempre a nord di Roma, oggi risiedo al confine fra Roma e Viterbo. A Bassano Romano, appunto. Non essendo un albero, ho potuto scegliere (luoghi magnifici, sia detto per inciso). A circa un km da casa mia, hanno girato la scena della festa de La Dolce Vita di Fellini, i 15 minuti centrali del film. E anche una scena di Boris (il film), in cui si straparla del “microclima dell’Argentario…”
Parlaci di quando il lavoro “ti ha scelto”. È una frase che mi ha colpita, perché anche a me è successa più o meno la stessa cosa.
Quando per anni fai un lavoro tecnico specifico, ma una parte del tuo cervello pensa altro, nel tempo libero studi altro, vedi troppe cose che non ti convincono… poi o ti dedichi alla tua inclinazione o, credo, vivi molto male. Io mi ritengo fortunato perché amo il mio lavoro. Non c’è un corso di Laurea che insegni a dimensionare i servizi applicando l’intera normativa vigente. S’impara un po’ dai Maestri (ne ho avuti) e un po’ ci si mette del proprio. In ogni caso un diploma da Geometra mi ha dato le basi della disciplina necessaria per.
Nei tuoi post su Linkedin parli spesso di “economia collaborativa”.
Ci spieghi qual è la tua visione e il significato dell’espressione?
In realtà sono concetti già codificati in ambito EU, anche se in Italia non se ne parla. Più o meno come quando, 15 anni fa, l’economia circolare era sottovalutata. Per chi ha voglia di entrare nel merito, ci sono due articoli sull’economia collaborativa nel mio feed.
In sintesi, mettere a sistema diverse competenze, significa lavorare nel miglior modo possibile. Se ci pensiamo, per costruire un edificio in classe A (o superiore) non servono solo le competenze per realizzarlo, ma prima serve un Geologo che impedisca di buttare soldi su un terreno inadatto ad ospitare quell’edificio.
Cosa pensi sarà necessario fare nei prossimi dieci/vent’anni per assicurare un futuro al pianeta?
Ci sono talmente tante cose da fare che personalmente consiglio di ascoltare gli Scienziati. IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’agenzia Onu per il cambiamento climatico, ha vinto un Nobel per la pace nel 2007, e non per sbaglio.
O perlomeno, come illustra in modo brillante una recente trasmissione di Sky “Impact”, il 97% degli Scienziati del mondo spiega che il cambiamento climatico è di origine antropica.
Cioè: colpa nostra e a noi umani riparare i danni.
Rob, parlaci della tua rivoluzione culturale a misura di smart city. Cos’è “WormApp” e a chi è diretta?
È una piattaforma operativa sia fisica che tecnologica in cui vengono “messe a sistema” molte competenze e diverse professionalità. È stata pensata per soddisfare qualsiasi esigenza (anche di orari) nei luoghi più complessi a livello urbanistico: centri storici e adiacenze, luoghi turistici, quartieri con ridotta o ridottissima viabilità di accesso. Dove gli spazi non ci sono e non si possono inventare.
Con l’utilizzo della piattaforma si riducono i costi (calcolati un terzo in meno rispetto ai più noti e non sempre applicabili servizi domiciliari) e si favorisce il passaggio alla mobilità elettrica, pedonale e a due ruote. La città diviene a misura di bambino, non a misura di auto. Un luogo piacevole e ordinato dove incontrarsi, nonché l’occasione per erogare molti servizi di interesse pubblico o di business per il cosiddetto “ultimo miglio” (il percorso della merce da un centro logistico alla sua destinazione finale, n.d.r).
In sintesi WormApp vuole far uscire le città dalla paralisi dovuta ad un approccio caotico rimasto al 1999. Le leggi della fisica (leggasi “impenetrabilità dei corpi”) non sono aggirabili. O si razionalizzano e ottimizzano i servizi e i passaggi dei mezzi, o le città NON saranno mai “intelligenti”. Nel video illustriamo come si gestiscono molteplici servizi grazie all’interazione tra pubblico e privato. Un nuovo approccio in cui i diritti sono bilanciati dai doveri, e viceversa. Guardatelo: è più facile.
In pratica…?
In pratica con WormApp, a 1/2 minuti a piedi da casa, si trovano moltissimi servizi che normalmente non sarebbero garantiti, se non paralizzando la circolazione. Pensiamo ad un corriere che parcheggia sul marciapiede perché non ha alternative (a rischio multa…).
Si ottimizzano gli spazi nelle città tramite postazioni identificate sia in modo digitale che fisico, dove i servizi vengono erogati nelle 24 ore.
Insomma: molto di quanto è necessario compiere per aumentare la qualità della vita nelle città. Luoghi turistici compresi.
Dietro c’è moltissimo lavoro utile e diverse tecnologie su cui non sto a dilungarmi qui.
So che l’Italia è piena di estimatori delle cabine telefoniche, dei tecnigrafi, o (per citare il grande Lucio Dalla) dei Linotipisti. Lavori e attrezzature anacronistiche che non tornano perché non possono tornare: il mondo è cambiato con la rivoluzione digitale. I dati possono essere gestiti dal pubblico per interesse pubblico, o essere ammonticchiati in piramidi con in cima Zuckerberg e pochissimi altri. Tocca scegliere.
Dov’è utilizzata, WormApp, per ora?
Oggi WormApp (direttamente o indirettamente) è applicata in 7 Regioni italiane. Ma, per ora, ne è compresa e utilizzata solo la punta dell’iceberg: i servizi di igiene ambientale.
La sfida in cui siamo impegnati dal 6 ottobre 2020 (da quando WormApp è un brevetto europeo) è applicare l’intero iceberg.
Molte cose si muovono, siamo abituati a parlare solo di risultati, non di auspici.
Vorrà dire che ci risentiremo per scoprire come è andato il primo vero anno.
La nuova società è stata costituita 3 giorni prima del lockdown nazionale: il 5 marzo 2020.
Voglio ricordare che WormApp è disponibile e applicabile anche in “emergenza”. Ad esempio, durante un lockdown, per ricevere la spesa o conferire materiali differenziati: attività che la Legge considera incomprimibili (e cioè da garantire a tutti) all’interno delle città.
Capito tutto, Rob. Ti ringrazio del tuo tempo. E Boris ringrazia per lo spottone. Ora che fai?
Vado a scartoffiare parecchio. Ma incombenze positive, per fortuna…
Ci diamo un cinque virtuale e ci salutiamo.
Per tutta la chiacchierata ho canticchiato fra me la canzone di Rino Gaetano.
Gente come Rob autorizza a pensare che il cielo possa diventare davvero sempre più blu.