Sublima le tue imperfezioni.
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Di norma i tasti sono complessivamente ottantotto: cinquantadue bianchi e trentasei neri.
Alt, non è un indovinello! Perché ne sarebbe troppo scontata la soluzione.
Il pensiero corre alla gamma di combinazioni musicalmente possibili e alla nostra vita, il cui ritmo viene scandito dalle dita che si muovono, abili, sulla tastiera, in una mirabile alternanza di contrasti e conflittualità di opposti in grado,però, di realizzare un’idea di convivenza armonica tra quei tasti bianchi e neri.
Un tremito sottile scuote il corpo e l’anima mentre, rapiti, sperimentiamo la strabiliante familiarità delle vibrazioni del suono realizzando che ci rianima e ci consola:qualche volta induce perfino a iniziare a canticchiare il motivo accennato dallo strumento. Succede a tutti e non si richiede affatto di dar prova della perfetta intonazione per partecipare a una forma di esibizione corale.
La melodia ci fa sentire vivi, vivi nel presente…nel qui e ora.
Pure la vita va vissuta così: ricordando sempre che ci sono momenti in cui il mondo deve rimanere ad attenderci fuori. Non importa se per un minuto o per un’ora.
E noi dobbiamo favorire questo salvifico isolamento senza sviluppare sensi di colpa, affinché ogni angolo della nostra mente possa essere permeato da energia: quella che ciascuno di noi è perfettamente in grado di irradiare mentre, con un’inconfondibile – a tratti goffa – presenza, cerca di farsi strada nel mondo.
Possiamo limitarci ad ascoltare un’armonia che si sviluppa attraverso l’alternanza del bianco e del nero, oppure scegliere di comporla e suonarla in prima persona, decidendo dove condurrà noi e il nostro pubblico.
Non è una valutazione agevole e, spesso, passa attraverso il dubbio, il pianto e l’incapacità di frenare i contristati sussulti di un cuore frastornato che,però, trova sempre il modo di tornare a palpitare quando la musica è nuova, intensa e struggente.
Una vita veramente libera è innanzitutto una vita responsabile e alla conquista di sé stessi , di uno spazio in cui la coscienza delle proprie, infinite potenzialità espressive si identifica con l’affermazione incondizionata dell’IO che, senza alcuna pretesa di egotismo, emerge dall’ombra del qualunquismo e dell’ovvietà e, appunto, vive.
L’uomo è libero quando trova l’incastro giusto rispetto al puzzle dell’esistenza: quello che si sceglie da solo, non quello che altri vorrebbero scegliere per lui.
La libertà non è preda di facili seduzioni, rifugge dalle convenzioni, dagli standard e dai luoghi comuni ma il motivo non risiede in una diversità che ha del mostruoso o del ridicolo: in fondo, è un privilegio essere dotati di un patrimonio spirituale attraverso il quale poter sancire il proprio distacco da un mondo manovrato a dovere dalla logica della privazione, dello stantio e del nulla più assoluto.
Il pericolo vero,tutt’al più, è subire una coazione, diretta e indiretta, della propria volontà: essere pilotati come marionette, da chi, facendo leva sulla disistima di sè e sulla sfiducia nelle proprie capacità, dimostra di non arrendersi all’idea che si possa vivere affrancati e non omologati.
Al contrario, chi si affranca, si salva sempre e necessita di un rigeneramento emozionale continuo per non perdere di vista il bisogno, quasi ancestrale, di stabilità che dovrebbe rappresentare l’ideale traguardo dell’esistenza.
E quell’angosciosa inquietudine che, irrimediabilmente, ci assale astraendoci dall’anonimo cortometraggio di una realtà in cui, senza accorgercene, stiamo vegetando – e non vivendo – va coltivata, perché ci sta avvertendo che la musica è cambiata e noi non la stiamo ascoltando.
Se, dall’esterno, sopraggiunge un tocco indulgente sui tasti bianchi e neri, consente di non farci smarrire il senso della melodia e di non rinunciare alla musicalità che accompagnano i singoli vissuti, ma alla fine tocca a noi dover gestire le energie, gli obiettivi, l’ardita ripidezza di alcune scale musicali.
Insomma, bisogna essere disposti a salire su una montagna russa con la consapevolezza che ne scenderemo completamente – ma positivamente – stravolti.
Come quei pianisti, un po’ invasati,che accompagnano l’esecuzione dei loro brani con movenze smodate:veri e propri spasmi, che sembrano interessare tutto il corpo e non solo le dita delle mani.
A prima vista sembrano pazzi: in realtà, sono i veri vincenti…quelli che,della vita, hanno capito tutto.
Il pianoforte ha una precisa collocazione rispetto all’ambiente in cui la sua musica risuonerà:dobbiamo imparare a pensare a noi allo stesso modo.
Perciò, è auspicabile che il pianto duri solo il tempo di un concerto per lasciare il posto, nel domani, a un sorriso pieno, schietto e disimpegnato che si vada a disegnare, lieve lieve, sul volto:sarà il sorriso di chi, grazie al suono di una melodia finalmente riconoscibile, avrà imparato a esercitare e a far valere il proprio diritto a vivere da persona libera.
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Ho 47 anni. Coniugata, due figli. Sono un ex avvocato civilista, da sempre appassionata di scrittura. Sono autodidatta, non avendo mai seguito alcun corso specifico sulla materia. Il mio interesse é assolutamente innato, complici – forse – il piacere per le letture, la curiosità e la particolare proprietà di linguaggio che,sin dall’infanzia, hanno caratterizzato il mio percorso di vita. Ho da poco pubblicato il mio primo romanzo breve dal titolo:Il social-consiglio in outfit da Bianconiglio. Per me è assolutamente terapeutico alimentare la passione per tutto ciò che riguarda il mondo della scrittura. Trovo affascinante l’arte della parola (scritta e parlata) e la considero una chiave di comunicazione fondamentale di cui non bisognerebbe mai perdere di vista il significato, profondo e speciale. Credo fortemente nell’impatto emotivo dello scrivere che mi consente di mettermi in ascolto di me stessa e relazionarmi con gli altri in una modalità che ha davvero un non so che di magico.