Maddalena
In un recente articolo del nostro magazine (“Poco da gasarsi”, di Marina Ruberto) abbiamo evidenziato – ammettiamolo, anche molto a malincuore – una certa evidente e generale povertà di contenuti nella proposta musicale giovanile italiana.
Subito dopo la pubblicazione, però, abbiamo scoperto per caso Maddalena e potremmo ricrederci…così l’abbiamo raggiunta per un’intervista.
Ciao Maddalena, innanzitutto complimenti: ci è capitato di vedere/ascoltare il video della tua canzone “Anxiety is A Modern Cliché” e, dal punto di vista musicale, è davvero un bel brano. Piace al primo ascolto, Il refrain ti entra subito in testa. Anche il video è molto ben confezionato, dalle atmosfere raffinate e coerenti con il testo della canzone, a partire dal titolo. Titolo che ovviamente, ci incuriosisce non poco, soprattutto tenendo conto del fatto che hai solo vent’anni o poco più.
Grazie, partiamo dal video: mi fa particolarmente piacere il fatto che lo abbiate apprezzato. Per me è fondamentale associare le immagini alla musica e viceversa. Le diverse espressioni artistiche devono poter comunicare tra loro…e per me sarà così certamente anche in futuro. Il video è artigianale, realizzato da un gruppo di amici – tutti giovani – con un budget davvero irrisorio. Ma ci abbiamo messo tanto entusiasmo e, soprattutto di questi tempi, è stato davvero bello lavorare e interagire con altre persone.
Ribadisco i complimenti, alla luce di quanto mi dici, ancor più convinti: il risultato è di ottimo livello. Non sembra affatto un prodotto “amatoriale”..
Con la passione, il prodotto amatoriale può riuscire più d’impatto rispetto agli standard professionali, talora freddini. Come la torta della nonna, spesso più buona di quella della pasticceria…
Vent’anni… di che tipo di ansia ci parli, ci racconti, anzi, ci canti? Quella “classica” degli ex adolescenti che si affacciano alla vita e non sanno ancora cosa faranno da grandi, quella legata alla paura di perdere la magia della culla “…tranquillo, siam qui noi” (per citare “gli anni” degli 883)? O c’è qualcos’altro che noi, ben al di fuori della tua generazione, non riusciamo proprio a percepire?
Riguardo l’ansia…senz’altro esiste una componente individuale, che è specifica per ciascuno di noi, e attiene all’intimo vissuto di ogni individuo; e di questa ovviamente e per pudore e rispetto, non mi sognerei mai di parlare; ma certamente esiste anche un’ansia generazionale…di quella sì che si può parlare, quella si può e si deve affrontare; e vorrei condividere questo sforzo con gli altri, per tentare di superarla. Riconoscendola, riconoscendoci e comunicando tra noi, grazie anche a linguaggi, segni e comportamenti comuni. E anche con le canzoni.
L’ansia della mia generazione, la generazione “Z”, è connotata dalla solitudine e dal rapporto quasi esclusivo, alienante con gli schermi degli smartphones e dei pc. Personalmente mi reputo fortunata, credo di essere una persona socievole, ma ho sentito la necessità di aprire uno spazio di condivisione anonima sul mio profilo instagram proprio per poter far esprimere” liberamente delle proprie ansie chi ne ha bisogno, e non ne riesce a parlare vis-a-vis con nessuno.. E stanno uscendo delle cose pazzesche. Per molti è liberatorio. Li capisco, anche se per me la terapia migliore rimane comunque la musica. E la condivisione.
Però…però, la frase del tuo brano “i miei amici prendono i miei pensieri e li trasformano in problemi seri” è una frase rivelatrice: dal punto di vista di una ventenne, l’ansia della quale parli è allora in gran parte autoprodotta, ingigantita? Riuscite quindi a prendere le misure alle vostre paure, rapportandole alla vostra generazione? Oppure già vi state facendo carico di tutti i problemi del mondo, passati presenti e futuri, avendo già realizzato che le generazioni a voi precedenti hanno semplicemente aggravato i problemi invece di risolverli? E che quindi ve la dovrete cavare da soli?
Beh, sì, effettivamente in ognuno di noi c’è uno spazio di rispetto che non dovrebbe, ma – spesso per affetto – viene invaso; a me capita proprio con gli amici che, abituati al mio carattere estroverso, mi esortano a tirar fuori anche quello che proprio non esiste. In questo senso sì, talvolta si esagera un po’…ma sempre meglio così che non comunicare/condividere affatto.
L’immagine – anche visiva – che proponi, di indubbia classe, è lontana anni luce da quella mainstream: non si ritrovano le minime tracce di aggressività, ma la tua sicurezza emerge forse ancor di più, proprio perché non sembri aver timore di rendere pubbliche le tue fragilità. E i tuoi vezzi: di sicuro ti piacciono anelli ed orecchini, molto presenti nel video. Li hai disegnati tu?
Sono molto contenta che tu l’abbia notato. Se ti riferisci ad un certo rap, alla trap, pur nel rispetto di ogni tipo di espressione artistica, davvero mi sento molto lontana da quei linguaggi. Siamo bombardati da contenuti aggressivi che forse non ci fanno male, ma certamente non ci elevano. Si può affrontare tutto con una giusta dose di leggerezza. Ed ironia. Qualcuno mi ha detto: “figo, tu “poppizzi” l’ansia” (geniale! ndr). Ecco, davvero si può parlare di tutto, ma la volgarità e la violenza no, non le voglio accogliere nei miei testi e nella mia modalità di scrittura.
Riguardo invece i monili, mi sono presentata nel video esattamente come sono nella realtà: vestiti semplici e anelli, bracciali, orecchini—-sono creazioni che mi piacciono molto, disegnate da altri miei amici e per questo li indosso ancor più volentieri.
Dei contenuti di indubbio spessore ne abbiamo già parlato e una sola canzone certamente non basta a delineare un’artista, ma ti senti già una cantautrice? Abbiamo letto da qualche parte che ti piace Rino Gaetano…
Rino? Lo amo follemente. Sono cresciuta a pane e cantautori italiani. Anche perché l’italiano è la lingua più bella del mondo e sono orgogliosa delle mie radici. Pur se canto anche in inglese…
Appunto l’inglese: tornando alla tua canzone, non saprei dirti il perché, ma il sound mi riporta al brit-pop primi ’80. O forse ancor più a Battiato, con gli incisi in inglese. E per l’indubbia l’ironia che si coglie tra i solchi. C’è anche lui tra i tuoi artisti di riferimento? E chi ti piace, tra colleghe e i colleghi? Con chi divideresti volentieri il palco?
Si. Battiato è per me il Maestro (con la M maiuscola). Ha portato l’elettronica in Italia, e ha avuto il coraggio di proporre qualcosa di diverso, ma in maniera autentica e originale. E’ proprio lui l’esempio perfetto di come si possa essere autenticamente originali. E non paraculi. Tra i contemporanei, il sogno inconfessabile e irraggiungibile, anzi già confessato, è Billie Eilish; tra quelli pseudorealizzabili: risposta secca, c’è Asaf Avidan, un artista israeliano.. penso che le nostre voci possano davvero “matchare” molto bene e penso proprio di martellarlo di mail fino all’esasperazione, allo sfinimento, per poter realizzare qualcosa insieme.
Ammettiamo di non conoscerlo affatto ma rimediamo immediatamente: qui il link alla sua splendida “One Day”, e qui la prossima sua data all’Auditorium PdM.
Maddalena, in attesa di condividere il palco con Asaf, cosa pensi di fare per promuovere maggiormente la tua canzone, in attesa che finisca il prima possibile questo orrendo periodo di pandemia? Hai un canale Youtube, utilizzi i social?
Non ti nascondo che è non è facile!…un passo alla volta; siamo solo all’inizio di un percorso. Molta rassegna stampa, (e grazie a Valentina, la mia agente); c’è la distribuzione Universal…d’altra parte bisogna aver pazienza: il video è appena uscito, e, più che dai social, inaspettatamente sto ottenendo delle belle soddisfazioni dalle radio. Sono molto contenta, il mondo della radio mi piace moltissimo.
Per finire, cosa bolle in pentola? Stai già scrivendo altre canzoni?
Si, sto scrivendo nuove canzoni, naturalmente un singolo per volta – non è più tempo di album – Naturalmente, vi terrò aggiornati.
Grazie Maddalena, ci contiamo davvero!
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