COS’È L’EQUINOZIO ? Non è facile spiegare in maniera semplice che cos’è l’EQUINOZIO.
Si tratta di un preciso istante calcolato astronomicamente e relativo ad una particolare posizione del Sole rispetto alla Terra. Il comandante Bitta ha creato un semplice modello (senza preoccuparsi del rapporto tra le grandezze reali) usando un mappamondo e una pallina da ping pong.
Ipotizziamo (non cambia il concetto) che sia il Sole (la pallina) a ruotare intorno alla Terra (il mappamondo) così come appare dal nostro punto di vista terrestre: un giro al giorno, 365 giri all’anno. Immaginiamo poi di ridurre al minimo (a contatto) la distanza Sole-Terra per capire meglio la posizione relativa tra i due corpi (vedi immagine). A causa della variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre sul piano dell’orbita, la “pallina sole” avvolge la Terra, come un filo su un gomitolo, con una spirale che copre una fascia intorno all’Equatore che va dal parallelo di latitudine 23° 26′ N (Tropico del Cancro) a quello di latitudine 23° 26′ S (Tropico del Capricorno). Il tempo impiegato per questo “avvolgimento” nella fascia centrale della terra, (partendo da un tropico e ritornando allo stesso), corrisponde ad un ANNO che è detto, appunto, TROPICO. Durante questa annuale escursione a spirale, la “pallina Sole” attraversa l’Equatore due volte: una volta quando passa dall’emisfero Nord a quello Sud (a settembre) e l’altra quando dall’emisfero Sud passa a Nord (a marzo). Quest’ultimo è l’istante del prossimo Equinozio di Marzo (quest’anno si verificherà il giorno 20 alle 22:24) quando il Sole sarà sull’Equatore attraversandolo da Sud a Nord.
CURIOSITÀ La caratteristica degli Equinozi è quella di determinare su tutte le località della Terra un’esatta ripartizione del giorno in 12 ore di luce e 12 di notte, dato che i raggi solari giungono perpendicolarmente all’asse di rotazione della Terra.
Cieli sereni PG
20 MARZO SIAMO ALL’ EQUINOZIO! È AUTUNNO O PRIMAVERA ?!
Oggi, lunedì 20 MARZO, per la precisione alle 22:24 (ora italiana), si verificherà l’EQUINOZIO che segnerà ufficialmente l’inizio della PRIMAVERA per gli abitanti della Terra che vivono nell’Emisfero Boreale e dell’AUTUNNO per l’Emisfero Australe. Il Sole si troverà “a picco” sull’ Equatore e la durata del dì sarà all’incirca uguale a quella della notte su tutta la Terra. La parola “equinozio” (da equi-nox) sta ad indicare, appunto, la suddivisione, per questo giorno, tra le 12 ore di luce e le 12 ore di buio.
Quando accadrà, però, gli orologi del mondo segneranno, per convenzione, un’ora diversa e, in qualche caso, anche un giorno diverso!
Convenzionalmente diciamo che le 4 stagioni cominciano il giorno 21 dei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre. In realtà le date esatte degli equinozi (marzo e settembre) e dei solstizi (giugno, dicembre) dipendono dai moti “irregolari” della Terra: per i prossimi 79 anni (fino al 2102) per noi l’Equinozio di primavera non cadrà mai il 21 marzo, ma il 20 e, qualche volta, il 19. L’ultima volta che è stato il 21 marzo fu nel 2007.
CURIOSITÀ In IRAN l’Equinozio avverrà alle ore 00:54 locali (lì sono 2 ore e 30 minuti avanti) quando il calendario segnerà già il 21 marzo! Sempre con il calendario che segna il 21 marzo si celebrerà l’inizio della primavera a Tokio (dove sono 8 ore “avanti”) mentre a Sydney (10 ore “avanti”) entreranno in autunno!
Tornando in IRAN, a quell’ora scoccherà anche il nuovo anno per il calendario persiano: sarà il primo giorno dell’anno 1402 !
Cieli sereni PG
Il mito della Torre rivisto attraverso le opere di Celestino Russo
Il testo che segue è stato scritto a seguito della visita della galleria d’arte di Lorenzo Vatalaro sita in zona Brera Milano che esponeva delle opere dell’artista Celestino Russo. Le emozioni in noi evocate sono poi passate attraverso al setaccio del metodo che abbiamo sviluppato per ri-analizzare i miti dell’antica Grecia.
Il risultato della nostra riflessione intorno al significato simbolico del mito della torre è riassunto nel seguente scritto.
Introduzione
Il mito che ha a che fare con le torri è un mito antichissimo e a noi, che apparteniamo alla cultura occidentale, richiamano in primis le torri campanarie. Il simbolismo ad esse collegato rimanda al desiderio dell’uomo, o per lo meno di alcuni di essi, a voler ri-collegare il cielo con la terra. Ricordiamo che il sostantivo religione, deriva dal verbo latino religere, dove “re” è un prefisso che significa la ripetizione di un’azione e dal verbo ”lĭgo, lĭgas, ligavi, ligatum, lĭgāre” che vuol dire “legare”, “unire”, “congiungere”, “riunire”. La torre più famosa di tutte è la torre di Babele che però nei secoli è stata associata all’arroganza dell’uomo, il quale, invece di mettersi in contatto con il creatore, cerca di porsi al suo stesso livello. Le opere di Celestino Russo pur rifacendosi a questi concetti, suscitano anche altre immagini interiori. Abbiamo pertanto deciso di osservare queste opere con gli occhi del cuore così come ci invitava a fare il Michelangelo Buonarroti (1475-1564) che nel verso 49 delle Rime:
« Amor, la tuo beltà non è mortale: nessun volto fra noi è che pareggi, l’immagine del cor, che ‘nfiammi e reggi, con altro foco e muovi con altr’ale ».
alludeva ad un particolare tipo di percezione il quale, non arrestandosi all’aspetto esteriore e formale delle cose e delle persone, giunge, tramite il cuore inteso come organo psicologico preposto al riconoscimento delle emozioni, alla cosiddetta φύσις – physys, ovvero alla natura intrinseca, alla qualità innata o all’essenza particolare presente all’interno di ciascuna di esse.
Sarebbero le forme esteriori che scatenano associazioni libere di idee le quali a loro volta, rimandano ad altre immagini per analogia o per sympatheia συμπάθεια (da “σύν” – assieme, con e da πάθος – “sofferenza”, “patimento”, “passione” ma soprattutto “esperienza”, “emozione”, “ciò che si prova”) suscitando altre sensazioni.
alludeva ad un particolare tipo di percezione il quale, non arrestandosi all’aspetto esteriore e formale delle cose e delle persone, giunge, tramite il cuore inteso come organo psicologico preposto al riconoscimento delle emozioni, alla cosiddetta φύσις – physys, ovvero alla natura intrinseca, alla qualità innata o all’essenza particolare presente all’interno di ciascuna di esse.
Sarebbero le forme esteriori che scatenano associazioni libere di idee le quali a loro volta, rimandano ad altre immagini per analogia o per sympatheia συμπάθεια (da “σύν” – assieme, con e da πάθος – “sofferenza”, “patimento”, “passione” ma soprattutto “esperienza”, “emozione”, “ciò che si prova”) suscitando altre sensazioni.
Premessa all’analisi
Prima di analizzare le opere di Celestino Russo sentiamo il bisogno di soffermarci sul significato della torre in sé. Che cosa è la torre? Quali immagini suscita ? A cosa rimanda per similitudine e corrispondenza ? Come abbiamo accennato nell’introduzione, la torre è qualcosa che avvicina, è una sorta di ponte verticale che ha l’ambizione di collegare non tanto terre o nazioni diverse ma mondi o dimensioni diverse.
Ma quali mondi in particolare ? Per scoprire ciò, anche in questo caso, abbiamo deciso di applicare lo stesso metodo di indagine che adoperiamo per la pubblicazione degli articoli che hanno per protagonisti i miti dell’antica Grecia nei quali, invece di soffermarci sulle vicende che afferivano ad una religione politeista ormai estinta, in accordo con il modello della psicologia archetipica di James Hillman vi troviamo la metafora del mondo della psyche, delle emozioni e dei sentimenti rappresentati per mezzo di storie che ricordano più i sogni notturni che descrizioni di eventi dotati di senso compiuto. Per comprendere gli archetipi incarnati dalla torre siamo partiti con la ricerca etimologica del sostantivo come veniva pronunciato in greco antico per vedere successivamente se esso fosse in grado di evocare da un punto di vista immaginale negli antichi e a noi ai giorni nostri, a livello inconscio, particolari significati.
Etimologia del sostantivo torre La parola «torre» in greco antico si scriveva πύργος – pyrgos che derivava dal verbo πυργόω – pyrgoo che significa “munire di torri”, “fortificare”, ma anche “ingrandire”, “esagerare” ed addirittura “magnificare” ed “esaltare”, ma anche “essere altero”. Da questi primi indizi è più facile comprendere perché alla torre venga associata l’arroganza di chi cerca di elevarsi, esaltarsi, di chi esagera. Ma tra i significati che rinveniamo nei vocabolari consultati, abbiamo trovato anche “andare a testa alta”, “alzarsi in piedi” e “raddrizzarsi”.
Questi ultimi due in particolare, non suggeriscono a nostro avviso tanto la sfacciataggine di un superbo, quanto piuttosto sembrano riferirsi a colui che conscio di sé, dei propri pregi e difetti, affronta la vita “a testa alta“. Interessante anche il fatto che la preposizione περί – peri, significa “rotatoria”, “rotondo” e “tondeggiante” e “smussato” che rimandano proprio alla forma delle torri del Russo.
Non siamo in grado di affermarlo con certezza, ma è possibile che l’artista scolpendo e dando forma alle sue creazioni possa essersi lasciato inconsciamente guidare dal significato intrinseco del termine, dall’essenza che sta dietro alla torre in sé. In altre parole avrebbe praticato quella che per gli antichi greci era la τέχνη – tekné, ovvero l’arte, l’abilità di rappresentare sia l’oggetto che la sostanza andando al di là di ciò che è visibile agli occhi.
Originalità delle rappresentazioni di Celestino Russo
Che cosa ha attratto in particolare la nostra curiosità ? Il fatto che oltre ad esservi delle torri che puntano verso l’alto, ve ne sono alcune che sembrano spingersi verso il basso. Il che ci ha portati ad immaginare un cammino in discesa, verso le profondità dell’anima, dove è possibile fare conoscenza profonda di noi stessi. Inoltre i pezzi forgiati dall’interno ci fanno pensare al cammino sempre lento e tortuoso che il ricercatore di sé deve compiere quando va alla ricerca del proprio contenuto rimosso, senza sapere cosa troverà e quanto in fondo si spingerà nella sua ricerca.
Così come alcune sculture che appaiono incomplete, che ci ricordano chi inizia il proprio cammino, in questo caso in salita, e poi, per tutta una serie di motivi, lo interrompe.
A questo punto mossi dallo spirito che aleggia in uno dei motti dello scrittore Saint-Exupéry ossia, « l’essenziale è invisibile agli occhi », ci siamo domandati, non tanto se questo fosse l’intendimento dell’artista, quanto invece, in base ai nostri studi riguardo ai μῦθοι – mithoi rivisti in chiave psicoanalitica, quale altro significato si celasse dietro alle due categorie di torri. In altre parole, quali sarebbero i significati psicologici che questi simboli incarnerebbero al di là delle più facili e scontate attribuzioni ?
In base agli studi compiuti, derivati dall’analisi di alcune opere artistiche rinascimentali che si erano ispirate alla teologia orfica, che ricordiamo era una forma di religiosità monoteista andata perduta e che circolava tra filosofi e ceti abbienti dell’antica Grecia, nonché dalla rilettura che abbiamo condotto a riguardo del mito di Orfeo ed Euridice, siamo giunti alle seguenti associazioni.
Le torri che salgono
Le torri che sembrano elevarsi incarnerebbero l’archetipo di quel ponte tra mondi, quello che Marsilio Ficino definì l’Anima Mundi.
«L’Anima [mundi] – ψυχή, si può chiamare il centro della Natura, l’intermediaria di tutte le cose, la catena del mondo, il volto del tutto, il nodo e la “copula mundi». Tratto da: «Theologia platonica», III, 2, traduzione di Nicola Abbagnano di Marsilio Ficino (1433-1499)
È grazie al Rinascimento che l’Anima cessa di possedere unicamente un significato spirituale e diventa il sinonimo di quella che oggi chiamiamo psyche, termine coniato dal teologo ed umanista Philipp Melanchton che fu amico e consigliere personale di Martin Lutero, ovvero quelle facoltà della mente che riguardano il mondo delle emozioni dei sentimenti.
È tipico di questo periodo, la ri-traduzione dei testi dell’antica Grecia, dove la ricerca dei significati dei lemmi all’interno dei vocabolari non avviene più pensando di avere a che fare con storie mitologiche che riguardavano protagonisti leggendari appartenenti ad una religione politeista, bensì con racconti metaforici il cui scopo era di rivolgersi al cuore di ciascuno di noi, ovvero al nostro lato emozionale. Ma anche la scoperta di nuovi testi antichi che si credevano perduti, portati con sé da intellettuali e uomini
appartenenti alla chiesa ortodossa che parteciparono al concilio di Ferrara Firenze del 1438 1449, il quale riuscì a ricucire temporaneamente lo scisma avvenuto tra la Chiesa occidentale e la Chiesa ortodossa avvenuta nel 1054.
Fatte queste premesse, l’Anima Mundi, secondo il modello dei filosofi neoplatonici che partecipavano alle sessioni di studio che si tenevano presso l’Accademia Neoplatonica di Careggi (FI), andrebbe immaginata come una sorta di contenitore di quegli archetipi che per Platone ed il suo erede Plotino sarebbero a fondamento della creazione sensibile, dove ci sono i prototipi di tutte le anime particolari o individuali e con le quali essa rimane in costante collegamento.
Ma anche gli archetipi di quelle immagini che popolano il mondo interiore dell’uomo e che sarebbero la causa di emozioni e sentimenti primitivi, intensi e profondi, impersonati, all’interno del pantheon degli dei, dalle figure dei Titani.
Ecco che secondo questa chiave di lettura, l’uomo che è proteso verso l’alto non è più l’uomo che con arroganza vuole porsi a livello del creatore (secondo la teogonia orfica infatti l’Uno creatore è ineffabile ed inconoscibile, pertanto il peccato di hybris in questo contesto non è contemplato), bensì è colui che vuole comprendere, per dirla similmente al filosofo neoplatonico Damascio (450 – 532), i principi primi, quelli che gli permettono di comprendere il Tutto, di distinguere la singolarità nella pluralità, di comprendere le leggi che regolano l’animo umano e che quindi influenzano anche la propria.
Marsilio Ficino (1433-1499) ritratto in un affresco del Ghirlandaio che si trova all’interno della chiesa di Santa Maria Novella immagine tratta da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Marsilio_Ficino_-_Angel_Appearing_to_Zacharias_(detail).jpg
Le torri che scendono verso il basso
Le torri che scendono invece, richiamano in noi il racconto del mito di Orfeo ed Euridice, quando il figlio di Eagro e Calliope si reca nell’Ade alla ricerca della propria amata, morta appena dopo il matrimonio. Notoriamente l’Ade, similmente al Tartaro, viene liquidato, a nostro avviso in maniera semplicistica, come il regno delle tenebre e della morte.
Come, perché e quando entrambi i termini abbiano smarrito il loro significato originario, non è dato sapere, ma se vogliamo interpretare i racconti mitologici in chiave psicologica, dobbiamo andare prima di tutto in cerca del significato che presumibilmente essi evocavano tra gli antichi.
Usiamo anche in questo caso il verbo evocare perché, i sostantivi, gli aggettivi ed i verbi del greco antico, non erano solamente dei segni, e quindi non seguivano le rigide regole della semiotica moderna, bensì impersonando dei simboli, erano metafore che rimandavano ad altri significati, soprattutto all’ambito dell’anima/psyche. Pertanto, secondo il vocabolario Liddel-Scott-Jones, Ἀίδης – aides/Ade, è composto dalla particella α – alfa privativa, un elemento che indica la negazione di quanto espresso dal sostantivo successivo, e dal verbo ἰδεῖν.
ἰδεῖν – ideìn a sua volta, è l’infinito del verbo εἶδον – eidon, che significa “vedere”, “scorgere”, “guardare”, “osservare”, “considerare”, ma anche, “percepire”, “provare”, “sentire (emozioni)”, “guardare in direzione di ..” e “vedere mentalmente”. Pertanto a livello di immagine mentale, l’Ade veniva percepito dagli antichi come uno spazio dove «non-si-vede», dove vi è l’«impossibilità a guardare», in quanto non vi è ancora non è arrivata la Luce, in altre parole, dove secondo la psicoanalisi moderna alberga il materiale inconscio e rimosso. È da qui che nascono quelle sensazioni fastidiose ed inspiegabili, quel brusio di sottofondo interiore, quelle sensazione di disagio inspiegabili che fintantoché restano sottotraccia ci condizionano, ci inducono in comportamenti solo apparentemente irrazionali ma che in realtà hanno una loro logica ed assumono un loro senso compiuto solo se contestualizzati all’interno delle leggi che guidano la psyché. Stiamo parlando di un luogo destinato a restare oscuro fino a quando non saremo in grado di rendere conscio il materiale psichico inconscio. La torre che scende pertanto, incarnerebbe il lavoro di conoscenza di sé, quello che viene fatto quando riflettiamo perché determinate esperienze evocano in noi certi stati d’animo piuttosto che altri oppure, quando ci rivolgiamo ad un esperto per affrontare un percorso personale di tipo psicoanalitico.
Conclusione
Non siamo in grado di immaginare se questi fossero per davvero gli intenti dell’autore, magari solamente in forma inconscia appunto, oppure di colui che le ha commissionate, ma quella che qui abbiamo esposto è la nostra personale sensazione, la trasposizione di quello che queste opere hanno saputo far risuonare dentro di noi.
Riteniamo inoltre che dal punto di osservazione da cui abbiamo effettuato questa indagine, che queste sculture possano altresì definirsi neo-rinascimentali nel senso che ciascuna di esse non è soltanto la concretizzazione di immagini che appartengono al mondo interiore dell’artista, ma che contengono anche riferimenti al mondo della psiche.
Esattamente com’era intesa l’arte del periodo che va all’incirca dal 1450 fino a tutto il 1500. Perché quando un’opera artistica, rimanda a significati che fanno riferimento al mondo psiche, al mondo delle emozioni e dei sentimenti, essa ci indica la strada verso quella conoscenza che gli antichi chiamavano la γνῶθι σαυτόν – gnōthi saytón, in altre parole, la conoscenza di sé.
Bibliografia
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Appassionato fin da ragazzo di fisica nucleare, elettronica e computer, entrato nel mondo del lavoro scopre che la sfera emozionale è importante tanto quanto quella razionale.
Ricoprendo all’interno delle aziende ruoli di sempre maggior responsabilità, osserva che per avere successo, oltre ad investire in ricerca e sviluppo ed in strumenti di marketing innovativi, le organizzazioni non possono prescindere dal fatto che le emozioni giochino un ruolo determinante tra i fattori critici di successo.
Grazie ai libri del Prof. Giampiero Quaglino, viene a conoscenza delle più moderne teorie sulla leadership ed in particolare quelle del docente dell’Insead, Manfred Kets de Vries, con cui condivide la visione secondo la quale non esistono modelli di leadership vincenti, ma solo relazioni efficaci tra gli individui.
Nel 2014 la rivista “Nuova Atletica”, organo ufficiale della Federazione Italiana Di Atletica Leggera, gli commissiona una serie di contributi sulla leadership per allenatori professionisti, coerente con le teorie che quotidianamente cerca di mettere in pratica sul lavoro.
Appassionato anche di filosofia, va alla ricerca instancabile di un modello che metta al centro l’individuo e ne rispetti l’unicità ma che al contempo, sia riconducibile a dei principi da cui cui tutto “principia”, convinto che la cultura e la superspecializzazione della scienza e della tecnologia moderna, conduca ad un inevitabile frammentazione dell’Io.
Ritiene di aver trovato ciò che cercava, riscoprendo la filosofia platonica e di Plotino e nella rilettura dei miti greci attraverso le lenti della psicologia archetipica introdotta dallo psicoanalista junghiano James Hillmann assieme ad i contributi dei filosofi E. Casey, L. Corman e dell’antropologo J.P. Vernant.
Pubblica con cadenza mensile sul magazine “karmanews.it” articoli che reinterpretano i miti dell’antica Grecia in chiave psicoanalitica, ritenendoli una metafora dei travagli dell’anima che, mediante l’uso di immagini e di racconti fantastici, si rivolgono direttamente al cuore e quindi all’inconscio.
“STALAGMITI DI.. LAGO”
Non si tratta di Photoshop! La foto trovata sul web è vera. Siamo sul Lago Michigan (Usa) negli Stati Uniti; lì le acque sono congelate per la maggior parte dell’inverno dato che le temperature possono scendere fino a -30°C. Poi, con il sopraggiungere di temperature più miti, invece di sciogliersi, il ghiaccio si frantuma, dando vita ad uno scenario incredibile, fatto di stalagmiti e stalattiti.
Il Lago Michigan è uno dei cinque Grandi Laghi dell’America del Nord, il secondo per volume (4900 km cubi) e il terzo per superficie (58000 km quadrati). È l’unico, dei cinque, circondato esclusivamente dal territorio degli Stati Uniti e lungo le sue sponde vivono circa 12 milioni di persone, principalmente nelle aree metropolitane di Chicago e Milwaukee.
Cieli sereni PG
Go East
Abu Dhabi, Dubai, Singapore, Hong-Kong, Tokyo
#PRENDIPOSIZIONE
di Redazione Online
Amleta è un’associazione di promozione sociale il cui scopo è contrastare la disparità e la violenza di genere nel mondo dello spettacolo.
È stata fondata da 28 attrici distribuite su tutto il territorio nazionale.
Amleta è un collettivo femminista intersezionale che punta i riflettori sulla presenza femminile nel mondo dello spettacolo, sulla rappresentazione della donna nella drammaturgia classica e contemporanea ed è un osservatorio vigile e costante per combattere violenza e molestie nei luoghi di lavoro.
Discriminazioni, stereotipi, sessismo, abusi, gender gap, gender pay gap, gestione dei fondi pubblici: questo è il problema!
Amleta è nata per raccogliere dati e monitorare le differenze di trattamento tra donne e uomini nel mondo dello spettacolo, per chiedere spazi in cui le donne possano esprimere i loro talenti ed esercitare la loro intelligenza.
Amleta è nata tutte le volte che sopra un molestatore o un abusante è stata messa la vernice glitterata dell’artista genio a cui tutto è concesso.
Amleta è nata da tanto tempo e in tanti luoghi.
A questo link il manifesto della associazione, che noi di FUORI invitiamo a sostenere divulgando e soprattuto esercitando quotidianamente, nella vita e nel lavoro, i principi fondanti dell’Organizzazione.
FU DAVVERO UNA STELLA COMETA A GUIDARE I RE MAGI?
In questi giorni, nubi permettendo, osservando il cielo notturno verso Sud, é facile riconoscere la costellazione di ORIONE (o del CACCIATORE) la cui forma ricorda quella di una clessidra ⏳. Al centro sono visibili, ben allineate, tre stelle di uguale luminosità: è la cosiddetta CINTURA DI ORIONE.
Le tre stelle allineate sono MINTAKA, ALNILAM e ALNITAK (le ultime due grandi 30 volte il Sole) e, prolungando verso il basso il loro allineamento, si trova la brillante stella SIRIO. Nella credenza popolare, queste tre stelle vengono anche chiamate i TRE RE MAGI per il seguente motivo. Nel giorni prossimi al Natale, infatti, le tre stelle oltre ad indicare Sirio, si allineano, verso Est, sul punto dell’orizzonte dove sorge il Sole.
Probabilmente a quei tempi i Re Magi tennero a riferimento la LEVATA ELIACA di Sirio. Di cosa si trattò? Fu la prima apparizione di Sirio subito prima del sorgere del Sole, dopo un periodo di tempo durante il quale la stella non era stata visibile in quanto sopra l’orizzonte soltanto nelle ore diurne.
Fu dunque una cometa o Sirio la ”stella maestra” che guidò i tre Re Magi verso Cristo, verso la luce, verso la divinità? Qualunque sia stata, la levata eliaca della stella segnò l’inizio di una nuova era, quella dei Pesci, ed il segno ( logos ) dei Pesci fu proprio quello di Gesù.
Cieli sereni PG
Altre letture 👇 http://www.ocean4future.org/savetheocean/archives/38375
I villaggi di Asterix, quello vero.
Breden, (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
58-52 a.C.: Giulio Cesare conquista la Gallia. Tutta? (cit.) Si, proprio tutta, con buona pace dei galli e galletti di cartone Goscinny, Uderzo, Asterix e Obelix. I limiti orientali della Gallia, e quindi del dominio di Roma, vengono fissati sul Reno. Reno che comunque viene occasionalmente passato almeno un paio di volte dalle legioni romane (grazie ad incredibili ponti allestiti in pochi giorni, descritti accuratamente dallo stesso Cesare) solo – per “convincere” i Germani, diciamo con modi un tantinello spicci – di rimanere più tranquilli nei loro villaggetti al di là del fiume, evitando di commettere scorribande in Gallia. Ecco, appunto, villaggetti. Al di là del Reno non c’erano infatti delle città, ma degli insediamenti abitativi molto più rarefatti: come Giulio Cesare aveva già notato, e come spiega ancor meglio Tacito (98 d.c.) nel suo “De origine et situ Germanorum”:
“È notorio che le popolazioni germaniche non hanno vere e proprie città e che non amano neppure case fra loro contigue. Vivono in dimore isolate e sparse, a seconda che li attragga una fonte, un campo, un bosco. Non costruiscono, come noi, villaggi con edifici vicini e addossati gli uni agli altri: ciascuno lascia uno spazio intorno alla propria casa o per precauzione contro possibili incendi o per imperizia nella costruzione. Non impiegano pietre tagliate o mattoni: per ogni cosa si servono di legname grezzo, incuranti di assicurare un aspetto accogliente.“
Ehrsen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Testimoniando così l’esistenza di edifici simili a quella che sarebbe poi diventata la fachwerkhaus, la casa caratteristica dei popoli germanici. Per rendere l’idea, nell’odierna Geimar-Fritzlar, in Turingia, esiste una ricostruzione di un insediamento abitativo tipico della tribù dei Catti, allora posizionati tra il Reno e il Meno al tempo di Augusto.
Come sappiamo, i programmi di Cesare che, secondo Plutarco, dopo queste escursioni dimostrative aveva in mente di rimettere le cose definitivamente a posto nella “Germania Magna” (quella oltre il Reno), furono bruscamente interrotti da Bruto e Cassio nelle ben note Idi di Marzo del 44 a.C.
A sua volta Augusto, dopo qualche anno e una volta “chiarita” nel Mediterraneo la situazione con Marco Antonio e Cleopatra, riprese il programma di Cesare nel nord Europa, spostando il confine orientale dell’Impero dal Reno all’Elba e provando ad imporre il “lifestyle” romano anche alle tribù barbariche dislocate tra questi due grandi fiumi. Fu decisamente un fallimento: il governatore Varo, avido ed ottuso, proveniente dalla Siria e abituato alle corruzioni e alle mollezze dei regni mediorentali, non capì nulla dello spirito libero, selvaggio ed indomito dei Germani che nel 9 d.c. si unirono sotto la guida di Arminio (Hermann der Cherusker) per ribellarsi a Roma, annientando tre legioni in quella che sarebbe diventata la “Clades Variana”, la disfatta di Teutoburgo. La peggiore sconfitta subita da Roma dai tempi di Annibale.
Si è giustamente detto che queste circostanze (la congiura contro Cesare, la ribellione – o il vile tradimento, a seconda del punto di vista – di Arminio) abbiano radicalmente cambiato il corso della Storia, sottolineando che se Roma ha perso la Germania, allo stesso modo la Germania perse Roma, con tutte le conseguenze del caso: tralasciando gli aspetti politici, filosofici, religiosi, culturali e linguistici che ne sarebbero conseguiti, tra Reno ed Elba non furono più costruiti edifici pubblici, terme, ponti, strade, acquedotti, fortificazioni, accampamenti, mura, città. Quindi, niente “Insulae”, nessuna “Domus”. Le abitudini dei Germani sarebbero infatti rimaste sostanzialmente quelle descritte da Cesare e Tacito ancora per diversi secoli se non millenni; ancora oggi possiamo facilmente rintracciare il DNA delle abitazioni di duemila anni fa nell’ odierna “casa a graticcio”, la fachwerkhaus.
Gutersloh, (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Ehrsen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Fachwerk, in tedesco, è il termine che si usa per definire questa artigianale e plurisecolare metodologia costruttiva in cui l’edificio è sorretto da una struttura lignea portante, fatta di montanti, travi e puntelli, sapientemente assemblati tra loro. Lo scheletro a vista – che si direbbe oggi “eco-friendly” – grazie all’elasticità propria del legno riesce a resistere anche a grandi sollecitazioni di neve e vento. Le tamponature tra le travi e i pannelli (Gefach), sono di norma riempite con un graticcio o una cannicciata di rami sottili rivestita di argilla su entrambi i lati, oppure – meno frequentemente – con un impasto di ciottoli e/o laterizi.
Presso Hollenstein (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
La struttura così evidente, non diversamente da quella propria della tradizione giapponese alla quale per certi versi un poco assomiglia, assume anche una forte valenza decorativa, smentendo così l’ingeneroso giudizio estetico di Tacito (nota a sua discolpa: era abituato a ben altro stile, quello imperale di bronzi e marmi; si pensi che allora il Colosseo era nuovo di zecca…)
Bad Salzuflen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Questo principio costruttivo, di uso corrente fino all’Ottocento, è stato declinato in molte variazioni e trasformazioni influenzate dalle caratteristiche storiche e geografiche delle diverse regioni tedesche (e anche francesi: già Cesare aveva scritto che le case dei Galli, dei Britanni e dei Germani si assomigliavano: la continua osmosi culturale tra le due rive del Reno ha fatto il resto),
Gutersloh, (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Le case a graticcio in Germania si trovano ancora in una stupefacente varietà di forme, intrecci e decorazioni, a volte figurative, altre puramente ornamentali, tutte diverse tra loro a causa delle caratteristiche spiccatamente artigianali; anche a cercarle col lanternino, non si trovano infatti due case Fachwerk uguali tra loro.
Bad Salzuflen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, DeutschlandBad Salzuflen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Bad Salzuflen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Schwalenberg, (Lippe) Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Bad Salzuflen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Bergkirchen, (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Bad Salzuflen (Lippe), Nordrhein-Westfalen, Deutschland
Il periodo di massimo splendore dell’edificio a graticcio è senz’altro quello tra il XVI e l’inizio del XVII secolo. Esiste addirittura una strada delle case a graticcio (“Fachwerkstraße”) che attraversa per 2.800 km tutta la Germania, dal nord al sud, collegando quasi 100 città tedesche, attraversando ben 6 Lander: Bassa Sassonia, Sassonia-Anhalt, Turingia, Assia, Baden-Württemberg, Baviera. Ma, e questo per noi è davvero tanto sorprendente quanto incomprensibile, escludendo proprio la Renania settentrionale-Vestfalia, cioè proprio quella regione appena al di là del Reno, e cioè quella più direttamente interessata dalle vicende descritte da Cesare e Tacito.
Nel cuore della Nordrhein-Westfalen (questo il nome attuale del Land, in tedesco) e segnatamente nella provincia della Lippe, sono invece conservati un gran numero di edifici a graticcio, nei piccoli centri storici o dispersi tra boschi e campi: ne abbiamo quindi fotografati alcuni che si trovano fuori delle grandi rotte turistiche, nelle località di Ehrsen, Breden, Bad Salzuflen, Schotmar, Gutersloh, Bergkirchen, Hollenstein, Schwalenberg, Herford. Edifici che, non a caso, si trovano disseminati nella Selva di Teutoburgo, sì, proprio la foresta teatro della battaglia tra Germani e Romani del 9.d.C.
Al centro della quale, sulla sommità di una collina, svetta un ciclopico monumento dedicato ad Arminio, l’Asterix teutone capo della resistenza militare – e culturale – contro i Romani: in ultima analisi, è anche merito suo se le case a graticcio si sono continuate a costruire e sono arrivate fino a noi secondo la tradizione locale, quella raccontataci da Giulio Cesare e Publio Cornelio Tacito.
Lo studio legale attivista ClientEarth ha citato in giudizio a maggio la compagnia aerea olandese KLM per una campagna pubblicitaria che, a suo dire, dà una falsa impressione della sostenibilità dei suoi voli e dei suoi piani per ridurre l’impatto sul clima.
La campagna “Vola responsabilmente” di KLM sostiene che la compagnia aerea raggiungerà l’obiettivo delle emissioni nette zero entro il 2050 e che intende utilizzare carburante sostenibile e aerei elettrici a partire dal 2035. Ma ClientEarth afferma che KLM sta violando la legge europea sui consumatori ingannandoli, poiché l’industria dell’aviazione non può raggiungere la decarbonizzazione senza ridurre la frequenza dei viaggi aerei.
«Il marketing di KLM induce i consumatori a credere che i suoi voli non peggioreranno l’emergenza climatica. Ma questo è un mito», ha dichiarato Hiske Arts, attivista di Fossielvrij NL, l’organizzazione no-profit olandese rappresentata da ClientEarth.
Fonte:web
Il Solstizio d’Inverno
Ogni 21 dicembre ci troviamo al SOLSTIZIO D’INVERNO (dovremmo più propriamente chiamarlo ‘Solstizio di Dicembre’ dato che per metà del mondo adesso è estate!).
Il Sole, a mezzodì, ovvero nel suo punto più alto, sarà alla sua MINIMA ALTEZZA sull’orizzonte rispetto agli altri giorni (allo stesso orario) e descriverà nel cielo l’arco diurno più corto dell’anno. Il Sole “indugerà” ancora per qualche giorno in questo suo percorso minimo e per questo si definisce Solstizio dal latino “Sol” = Sole e “sistere” = sostare.
L’astronomia ci insegna che nel nostro emisfero il giorno del solstizio, che puó cadere il 21 o il 22 dicembre, è il dì più corto dell’anno (intervallo di tempo minimo tra alba e tramonto). Comunemente la nostra percezione della lunghezza delle giornate si basa sull’osservazione dell’anticipo (o ritardo) dell’ora del TRAMONTO del sole (di solito siamo tutti svegli e ne possiamo apprezzare la variazione), piuttosto che dell’anticipo o ritardo del SORGERE del sole (a quell’ora molti ancora dormono o non sono ancora usciti di casa). Siamo quindi più propensi a battezzare come il ‘giorno più corto’ quello in cui il sole tramonta prima invece di considerare, nelle 24 ore, il mimimo arco temporale di luce .
Ci domandiamo dunque: oggi 21 dicembre, Solstizio d’Inverno, é anche il giorno in cui il sole tramonta prima, ovvero, fa buio prima? La risposta è NO!
I più attenti avranno fatto caso che in questi giorni già si sta facendo buio più tardi dando l’impressione che le giornate si stiano allungando. Pochi però avranno notato che l’alba sta ancora ritardando. Di fatto, l’accorciamento delle giornate non é ‘sincronizzato’ tra ritardi dell’alba e anticipi dei tramonti: in altre parole non c’è coincidenza tra il giorno del massimo ritardo dell’alba, il giorno del massimo anticipo del tramonto e la data del dì più corto.
Un esempio A Roma (latitudine ~42° N), in questo dicembre 2022, il massimo anticipo del tramonto (ore 16.39) si é avuto il 5 dicembre scorso. Il massimo ritardo del sorgere (ore 07:38) si raggiungerà il 4 Gennaio 2023. Il dì più corto è, appunto, oggi 21 dicembre con 9 ore e 8 minuti di soleggiamento.
Perchè queste tre date non coincidono? Ciò dipende da due cause:
1^ Causa La variazione del moto orbitale della Terra (Equazione del tempo). La velocità della Terra lungo la sua orbita ellittica intorno al Sole presenta un punto più vicino alla nostra stella (Perielio) ed uno più lontano (Afelio). Il nostro pianeta, a dicembre, si trova (strano ma vero..) PIÙ VICINO al Sole (arriverà al Perielio il prossimo 4 gennaio) e per la 2ª legge di Keplero accelera il suo moto (il contrario avviene in prossimità dell’ Afelio). Conseguentemente accelera il moto apparente del Sole sulla volta celeste trovandosi in una posizione “anticipata” rispetto al ‘sole medio’ (un sole fittizio che ha un moto uniforme), importante perchè cadenza le ore, i minuti e i secondi ….dei nostri orologi. Ciò riduce, di fatto, ogni giorno, il tempo in cui il Sole illumina la terra.
2^ Causa L’ inclinazione dell’asse terrestre sull’orbita (variazione della declinazione del Sole). La variazione della declinazione del sole (al solstizio invernale) fa sì che i giorni in cui il sole tramonta prima sono quelli della prima settimana di dicembre.
CONCLUSIONE Il risultato netto delle due cause sopra descritte è stato, sempre per Roma:
fino all’5 dicembre è stato preponderante l’effetto della variazione della declinazione (è negativa: anticipa il tramonto e ritarda l’alba).
dopo il 5 dicembre, l’effetto della variazione di declinazione è superato dall’equazione del tempo, e ritarda sia l’alba che il tramonto. Il sopravvento dell’equazione del tempo avverrà fino al 4 gennaio.
dopo il 4 gennaio ritornerà preponderante l’effetto della declinazione: l’alba comincerà ad anticipare ed il tramonto continuerà a ritardare.
La stessa cosa, seppur meno accentuata, si verificherà intorno al solstizio d’estate 2023 (21 giugno): a Roma si avrà l’alba più anticipata il 13 giugno (04:34) e il tramonto più tardivo il 25 giugno (19:49).