Sassi nel Cuore

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Una rubrica a cura di Marina Ruberto

Eccolo.

Lo riconosco.

Inizia il male al piede.

Si irradia, da sotto la pianta e sale, sale sino alla gamba.

Ragiono, non devo irrigidirmi, devo lasciare andare, rilassarmi, proprio con il dolore pungente.

Interessante: una metafora da riutilizzare, questa.

Devo ricordarmela.

Corro, corro ogni mattina, non mi importa se piove, se ho il vento contro, non mi interessa, ho le ali ai piedi; più è difficile e più mi impegno, mi hanno insegnato così.

La bimba è seduta con il capo chino. Si guarda le gambe, sotto il tavolo. 

Non sa cosa fare. 

Non si permette di parlare, la situazione è tesa, tesissima, ma lei non capisce.

I bambini non capiscono i grandi, soprattutto quando urlano e buttano i piatti in terra, o ti guardano con l’espressione da pazzi furiosi, gli occhi fissi, la pupilla dilatata.

La bimba è ferma, immobile, quasi non riesce a mangiare dalla tensione che percepisce, e non sa darsi ragioni.

Così rimane ferma, immobile, impaurita. 

A breve arriverà lo scoppio, la rabbia.

A breve tutto sarà sottosopra. Meglio, perché poi … sarà finita. 

53 anni, una cena tra amici, ed eccola: la stessa bambina a testa bassa che si guarda le gambe e non proferisce parola.

Accanto ha Luca: bellissimo, altissimo e pericoloso. 

Borbotta tra sé, Luca, borbotta qualcosa, mentre gli altri parlano allegramente, e lei, la bimba, ha paura.  Ha paura perché in ogni momento può succedere ciò che lei sa bene. 

Lo scoppio. 

L’ira. 

Lo sguardo assente.

La bimba è a testa bassa.

La bimba è terrorizzata.

Dalla pianta del piede il dolore sale, e arriva al ginocchio.

Chissenefrega.

Passerà…

Non irrigidisco, anzi mollo, è proprio ora di mollare.

Penso…

Lacrime scendono sul volto della bambina, chiusa nella sua camera, nessuno deve vederla. Lei piange sempre da sola, si concede questo lusso, e nessuno la consola. 

“È meglio così, sono debole, non sono forte, piango, ho bisogno di aiuto, ed in fondo è colpa mia. 

Magari ho fatto qualcosa di male, magari non sono brava… magari… boh…meglio così… non mi vede nessuno… passerà…”

Ho le ali ai piedi, ed i sassi nel cuore.

53 anni, ed ancora irrimediabilmente irrisolta, debole, piagnona, proprio come quella bimba.

Nessuno a consolarmi.

Piango da sola, in camera.

Magari è solo colpa mia, magari dovrei essere più forte…

Cazzo.

Chi se ne frega di tutto…

A testa bassa, vicino a Luca che borbotta, “Bellissimo – dicono tutti – è l’uomo per te…” dicono loro. Io lo odio. 

Mi fa soffrire.

Borbotta e mi guarda con astio.

È assolutamente imprevedibile.

Per fortuna il coprifuoco, guardo tutti, saluto:

“Mi spiace ragazzi, è tardi”…. li mollo, attorno ad un tavolo rotondo, a parlare di me, che non si sa cosa abbia, che sono stata troppo muta.

Si fottessero.

Ho solo bisogno di coccole, e, se non le avrò, mi tufferò nel mio letto, mi metterò la mia fantastica crema, e guarderò un film bellissimo. 

Pensando di sfuggita a quella bimba, che, in fondo, aveva solo bisogno di un abbraccio. 

Un cazzo di fottutissimo abbraccio.

Sassi nel cuore. Un racconto di Freccia.

Graffi. Una rubrica a cura di Marina Ruberto

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